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fri 25 February - wed 20 April 2005
Il comune punto di partenza del percorso dei due artisti: l'indagine sull'utilizzo del tessuto e del ricamo come particolare. L'artista olandese e l'artista italiana curano autonomamente il proprio ambiente espositivo, elaborando completi progetti di mostra che rivelano una decisa direzione della propria ricerca artistica ed evidenziano le loro differenze culturali e generazionali.

Il comune punto di partenza del percorso dei due artisti è l'indagine sull'utilizzo del tessuto e del ricamo come particolare. L'artista olandese e l'artista italiana curano autonomamente il proprio ambiente espositivo, elaborando completi progetti di mostra che rivelano una decisa direzione della propria ricerca artistica ed evidenziano le loro differenze culturali e generazionali.

Berend Strik

Il lavoro di Berend Strik, nè pittore nè scultore ma artista visivo, è ossessionato da pittura e scultura come incompiuti capitoli di storia dell'arte. I suoi lavori di ricamo, se da un lato rompono con la pittura, dall'altro la portano più in avanti. Non è più una questione di "oli su tela" o derivati. Ed ancora, i suoi ricami, come rettangolari demarcate composizioni appese al muro, conservano aspetti cruciali della classica pittura occidentale. Non è il tipo di lavoro che richiama ai coraggiosi difensori della Pittura nella cultura contemporanea. I ricami di Strik sono una pittura radicalmente trasformata che è stata completamente infiltrata dalle condizioni della generica, post-disciplinare arte visiva. E' irreparabilmente migliorata, trasformata fino ad essere quasi irriconoscibile : "il pompante e penetrante ago scivola affilato come un rasoio attraverso il materiale. In modo incredibilmente raffinato, un filo bianco è tradotto in una posizione rannicchiata. Mai prima sono stato capace di far si che la rappresentazione coincidesse così precisamente con le implicazioni della tecnica.". "La fotografia è il modello per i primi lavori: ho disegnato una copia della fotografia in un differente formato e poi ho cucito le linee disegnate. Nel lavoro recente ho fatto sì che la fotografia diventasse più visibile incorporando (parti del) le foto nei ricami, o usando queste come basi ricamandoci sopra ed attraverso". Il lavoro di Strik, comunque, non sembra proprio rappresentare il ruolo ossequioso che è di solito una caratteristica della decorazione. Le sue composizioni, spesso affollate, sembrano essere governate da un principio di horror vacui che è piuttosto distante dall'elegante minimalismo considerato proprio della seria decorazione contemporanea, ed i materiali sono così tattili ed affascinanti che, insieme al contrasto tra fotografie e ricamo, reclamano attenzione. Apparentemente Strik pratica una sorta di decorazione regressiva in cui il senso d'ordine è appena stabilito e può essere capovolto in ogni momento da impulsi incontrollabili. Lo scontro tra fotografie e tessuto nel lavoro più recente produce anche una complessa spazialità che rompe con la tendenza bi-dimensionale che caratterizza la decorazione tradizionale non è una sorpresa che l'enfasi di Strik per il materiale e la qualità tattile del suo lavoro lo ha condotto con maggiore convinzione ai lavori tridimensionali. Strik si è anche avventurato in progetti architettonici, principalmente con lo studio di architettura One Architecture. Questo lo ha condotto in una disciplina realmente differente. I progetti possono essere presentati e discussi in gallerie d'arte, musei e riviste d'arte, ma se realizzati, possono esistere anche fuori dal proprio contesto artistico ( non come la cosìdetta 'public art') perchè loro hanno ragione d'essere in un contesto architettonico, o ne creano uno. Strik sfida questa cultura dell'immagine architettonica con i ricami che fungono da alternative impressioni dell'artista, e che importano nella sua pratica artistica anche i progetti architettonici."

tratto dal testo di Sven Lutticken Mutations, Body Electric, 2004.

Silvia Chiarini

La ricerca della giovane artista faentina (1978) volge, tramite la fusione armonica tra pittura, disegno e ricamo, alla rappresentazione del proprio immaginario privato che, quotidianamente, si riempie di quei simboli comunemente considerati appannaggio della odierna cultura popolare. Nei nuovi lavori presentati in questa seconda personale italiana l'analisi della cultura di massa contemporanea, fortemente attratta dai beni di consumo, si arricchisce di nuovi simboli, non più legati al semplice possesso materiale. Affiorano sulle superfici bidimensionali delle tele nuove icone ricamate, simboli di una desiderata elevazione estetico/culturale. Le rappresentazioni fluttuano leggere nell'aria, come desideri. Solo alcune emergono dai patterns e si rendono chiaramente visibili/raggiungibili dall'osservatore. Gli spots bicromi sapientemente dipinti danno all'intero lavoro, ed in particolar modo alle figure emergenti, una originale mobilità. L'installazione centrale "My painting machine" è il punto di arrivo della ultima produzione della Chiarini: un macchinario, posto al centro dello spazio espositivo, libera in aria bolle colorate che fluttuano leggere fino ad esplodere contro una parete della galleria, riproducendo così quella mobile separazione di interessi presente in tutti i lavori. Tuttavia in questo caso il risultato sembra spingersi oltre la identificazione degli stereotipi. Lasciando vuoti gli spazi attorno ai patterns, il visitatore è libero di riempirli mentalmente, come desidera.
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