Provenienza:
Collezione dell'artista;
Galleria Massimo Minini, Brescia;
Collezione privata, Napoli
Esposizioni:
Giulio Paolini, Galleria Locus Solus, Genova, dal 22 ottobre 1993 al 30 giugno 1994, pubblicato nel catalogo della mostra a p. 73, n. E2, illustrato a p.37;
Preferirei di no. Cinque stanze tra arte e depressione, Museo Correr, Venezia, dal 30 aprile al 3 luglio 1994, pubblicato nel catalogo della mostra a cura di Achille Bonito Oliva a p.149, illustrato a p. 48
Bibliografia:
Giulio Paolini, la métaphore du damier, A. Querci, in "el guìa. Art de l'arc méditerranéen", anno VII, Barcellona 1994, p. 61, (ill. a colori);
Maddalena Disch, Giulio Paolini. Hors-d'oeuvre, in Giulio Paolini, la voce del pittore. Scritti e interviste 1965-1995, ADV Publishing House Company, Lugano 1995, pp. 123-124, ill. n.36;
Maddalena Disch, Giulio Paolini Catalogo ragionato, 1960-1999, Milano 2008, p. 739, ill. n.724
Fotografia dell'opera autenticata dall'artista
Opera registrata presso la Fondazione Giulio e Anna Paolini, con N. GPO-0724
Si ringrazia Maddalena Disch, della Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino, per l'aiuto nella compilazione di questa scheda
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‘’Su un cavalletto collocato al centro di due lastre di plexiglas, sovrapposte in modo sfalsato e incise lungo le diagonali, è appoggiata una terza lastra dello stesso formato, anch'essa squadrata nelle diagonali, che reca disegnato a inchiostro nero il profilo di un cigno in collera. In corrispondenza dell'occhio del cigno, che coincide col punto di incontro delle diagonali incise, una matita nera trattiene alcuni negativi fotografici indecifrabili.’’
(Tratto da Maddalena Disch, Giulio Paolini, Catalogo Ragionato Tomo secondo 1983-1999, scheda 724).
Nato a Genova nel 1940, Giulio Paolini è uno degli artisti italiani più noti ed affermati a livello internazionale. La sua ricerca, ascrivibile all’arte concettuale, si caratterizza sin dalle opere di esordio per la riflessione sui complessi rapporti tra l’opera d’arte e lo spettatore, e tra l’artista e l’opera stessa.
Tema ricorrente nelle opere di Paolini è l’attenzione dedicata agli strumenti utilizzati per realizzare le opere e soprattutto al contesto che le circonda. La sua produzione artistica infatti è una riflessione sull’intero processo di creazione: Paolini invita lo spettatore a guardare creativamente l’opera, stimolandone la ricerca e la riflessione sul lavoro progettuale, coinvolgendolo direttamente nello spazio e svincolandolo dal ruolo di fruitore passivo. L’opera qui presentata, realizzata nel 1993-4, è il simbolo di quella poetica di Paolini intrisa di teatralità, con una componente strutturale che si potrebbe definire quasi architettonica, per cui la scenografia ne diventa parte essenziale.
"I negativi e la matita nera alludono all'impossibilità della sintesi tra il già visto (i negativi) e la trasparenza (le lastre ancora a terra): tra il prima e il dopo di quell'affermazione intraducibile e sfuggente che è un'opera d'arte". (Giulio Paolini in conversazione con Maddalena Disch, dicembre 2005).