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«Egli aveva nome Vincenzo Gemito. Era povero, nato dal popolo; e all'implacabile fame dei suoi occhi veggenti, aperti sulle forme, si aggiungeva talora la fame bruta che torce le viscere. Ma egli, come un Elleno, poteva nutrirsi con tre olive e con un sorso d’acqua»
Gabriele D'Annunzio
Wanda Marasco, nel volume Il genio dell'abbandono del 2015 scrive:
[... Nei suoi appunti il dottore che lo ebbe in cura descrive il volto dello scultore come un romanzo oggettivo, che porta impressi nei suoi tratti la tragicità e l’ossessione. E' da questo animo tormentato che l'autoritratto diventa un esercizio continuo in cui l'autore attraverso vari mezzi, dal disegno al modellato bronzeo, indaga su stesso e sulle sue fragilità]