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Lucio Del Pezzo
(1933 - 2020)

Interno, 1963

Firmato e datato Del Pezzo 63 in basso a destra
Olio e rilievi in legno su tavola in teca di plexiglas
cm 100x81


Provenienza:
Brerarte srl, Milano;
Studio Arti Visive Oggetto srl, Caserta;
Salvatore Serio, Napoli (come da timbro sul retro);
Collezione B. Luongo, Napoli (come da timbro sul retro);
Studio Morra, Napoli;
Collezione privata, Napoli

Esposizioni:
Adami, Del Pezzo, Romagnoni, Galleria La Bussola, Torino, Novembre 1964 (come da etichetta sul retro); pubblicato sul Catalogo della Mostra, a cura della Galleria d'Arte La Bussola, Torino 1964 (illustrato)

Opera registrata presso l'Archivio delle opere di Lucio Del Pezzo, a cura della Galleria Vinciana, Milano con il numero 07299

Fotocopia del certificato di archiviazione


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Lucio Del Pezzo (Napoli, 1933) è tra i fondatori del Gruppo 58 e da sempre molto vicino ad altre avanguardie, come il Movimento Nucleare di Enrico Baj, quello Spoor di Monaco, Phases di Parigi e Boa di Buenos Aires. La produzione dell’artista si concentra sull'uso di oggetti comuni che, arricchiti con materiali diversi, superano il confine tra dipinto e scultura e spesso, come nel caso dell’opera del 1963 qui presentata, richiamano i paesaggi metafisici di de Chirico o le nature morte di Morandi. Registrata presso l’archivio dell’artista, l’opera si compone di un olio con rilievi in legno armonicamente disposti su tavola all’interno di una teca in plexiglass. Apparentemente semplici e intuitive, le opere di Del Pezzo sono in realtà complesse e piene di contrasti, ridondanti di simboli, segni e forme disparate e ricorrenti. Il linguaggio unico attraverso il quale si esprime l'immaginazione dell’artista appare sempre in bilico tra spirito metafisico ed elementi ludici. (Tratto dalla biografia dell’artista a cura della Fondazione Marconi, Milano).


Nel 1967 Pierre Restany scriveva: «I rilievi di Del Pezzo sono extra-dimensionali, sono delle note tolte al diapason dello spazio. La nostra epoca ha bisogno di una nuova preziosità che non corrisponde a un lusso del raffinamento ma a un’immagine indispensabile del linguaggio, a una profilassi della visione».


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